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Il cane ha cessato di essere un lupo millenni fa...

01.03.2022

Quando si parla di alimentazione del cane (Canis lupus familiaris) c’è una serie di luoghi comuni in cui prima o poi si finisce per incappare, uno di questi è senza dubbio l’immancabile accostamento tra lupo e cane, secondo cui il cane sarebbe di fatto un lupo, senza “se” e senza “ma”.

Questa che sembrerebbe una questione tutto sommato marginale, in realtà condiziona tutta una serie di aspetti legati al rapporto con il cane che vanno dall’alimentazione, all’educazione fino alla comunicazione e alla socializzazione intra e inter-specifica.


Che il cane discenda esclusivamente dal lupo è ormai opinione diffusa nella comunità scientifica e, senza scomodare studi di genetica e di paleontologia, il fatto è evidente ai più se ci si sofferma ad osservare determinate razze o morfotipi. Se la taglia e la morfologia del lupo però, come per molti altri animali selvatici, rimangono uniformi in un determinato ambiente, i cani presentano invece una varietà straordinaria di forme, taglie e particolari anatomici. Nessun altro canide e nessun’altra specie animale offre la stessa varietà all’interno della specie. Dal Bichon Frisè al Chihuahua passando per il Mastino Spagnolo, il Napoletano o il San Bernardo; dai cani snelli con muso lungo e la coda sottile a quelli piccoli con il naso schiacciato (brachicefali) e la coda corta. Anche in virtù proprio di questa enorme variabilità morfologica, caratteristica del cane ma completamente estranea al lupo, fino a qualche anno fa si ipotizzava che effettivamente i progenitori del cane fossero più di uno. I più recenti studi di genetica hanno però ampiamente dimostrato che i cani discendono esclusivamente dal lupo grigio (Canis Lupus) e non anche dallo sciacallo dorato (Canis aureus) come, ad esempio, veniva tirato in ballo dalla cosiddetta teoria comportamentale.


Altre differenze, sicuramente meno evidenti ma comunque salienti, si ritrovano in altri aspetti come, ad esempio, la formula dentaria che è la stessa nelle due specie ma con il cane che presenta denti sensibilmente più piccoli, così come la testa (in proporzione al corpo), che nel cane è più piccola di circa il venti per cento rispetto al lupo.

Per quanto riguarda poi lo sviluppo e la crescita, i cuccioli di cane non aprono gli occhi per almeno 15-20 giorni, mentre quelli di lupo lo fanno già a dieci giorni dalla nascita. Questa che sembra una sottile differenza ha però effetti importantissimi. Solitamente, i cani hanno uno sviluppo fisico e comportamentale più lento rispetto ai lupi. Per loro le grandi tappe dello sviluppo (camminare, portare oggetti in bocca, i primi morsi dati per gioco) arrivano più tardi. Il cane poi guaisce o, più frequentemente abbaia, ululando molto, molto raramente e solo in un esiguo numero di esemplari appartenenti a pochissime razze. Nel lupo, sono solo i cuccioli ad abbaiare. I piccoli lupi, infatti, abbaiano sia per comunicare tra di loro sia per attirare l’attenzione della madre ma, crescendo, il loro linguaggio si evolve nell’ululato. I cani a differenza della loro versione selvatica, da questo punto di vista è come se rimanessero fermi ad uno stadio precedente dello sviluppo. Durante l’opera di addomesticamento del lupo, la selezione dell’uomo ha fatto sì che questo conservasse anche da adulto diversi tratti infantili (caratteri neotenici) tra i quali l' abbaiare e scodinzolare. È una conseguenza indiretta, non solo normale ma voluta, della pressione selettiva operata dall’uomo e votata alla ricerca di un carattere sempre più docile e mansueto, più incline alla domesticazione e meno tendente alla supremazia nel nucleo "famigliare".


Fatta questa necessaria parentesi su quelle che comunque costituiscono differenze sostanziali e indicative tra le due specie, cerchiamo di capire, maggiormente per quanto riguarda l’aspetto alimentare, quanto del lupo ci sia ancora oggi nel cane dopo millenni in cui le due specie hanno subito un percorso evolutivo completamente separato e, per quanto riguarda il cane, percorso in cui ha operato da sempre l’uomo con la sua opera di selezione anche molto pressante.


L’addomesticamento dei primi lupi, risale a diversi millenni fa e in tutto questo tempo si è passati, gradualmente e di pari passo a quella che è stata l’evoluzione propria dell’uomo, al cane sempre più come lo conosciamo oggi. L’inizio della separazione tra primi lupi addomesticati e primi esemplari di cani si ha con l’arrivo dell’agricoltura, quando l’uomo da nomade e cacciatore diventa sedentario e prevalentemente agricoltore. Questo cambio di stile di vita, radicale pur nella sua gradualità, sì è riflettuto anche nell’evoluzione di quello che millenni dopo sarà il cane. L’abbandono della caccia come prevalente forma di sostentamento, l’aumentare del grado di addomesticamento e la conseguente dipendenza del lupo nei confronti dell’uomo per quanto riguarda il cibo, ha modificato in primis, lentamente ma inesorabilmente, alcune caratteristiche digestive, di fatto, compiendo il passo più grande dopo l’addomesticamento dei primi lupi, verso la nascita del cane.

Secondo gli studi più recenti, infatti, è stato proprio questo cambio di abitudini alimentari il vero spartiacque tra il cane moderno e il suo antenato di questo periodo. Gli adattamenti più significativi, dal punto di vista fisiologico, riguardano alcuni meccanismi fisiologici a carico dell’apparato digerente, il più importante dei quali è la maggiore capacità del cane di digerire gli amidi (carboidrati) rispetto al lupo. Questo avviene in virtù di copie supplementari di geni che codificano per l’amilasi pancreatica e che permettono al cane di digerire i carboidrati complessi. Non tutti i cani sono uguali però, il numero di queste copie varia in base alla razza e anche nell’ambito della stessa razza secondo variabili soggettive.

Tra le razze che mediamente possiedono un numero superiore di queste copie di geni ci sono il Pastore Tedesco e lo Springer Spaniel mentre, esempi di razze in cui è stato osservato un numero significativamente minore di copie sono i Samoiedo e i Groenlandesi. Non è un caso che entrambe queste due razze, nella loro evoluzione abbiano vissuto quasi esclusivamente a fianco di popolazioni cacciatrici piuttosto che coltivatrici come le precedenti.



Ricapitoliamo un attimo: l’uomo cacciatore e nomade, avvicina i primi lupi, li addomestica e li seleziona sempre di più fino a dare origine a quel legame intimo che si è protratto fino ai giorni nostri. L’uomo, percorrendo la sua di evoluzione, diventa stanziale, apprende a coltivare il terreno, non ha più bisogno di muoversi seguendo le prede e quindi la caccia assume un ruolo sempre meno importante per la sopravvivenza, per lui come per il suo “cane” che perde a sua volta la sua identità di cacciatore adattandosi a nuovi ruoli e a una alimentazione che comprende anche cereali e sostanze vegetali.

Più passano i millenni e più tutto questo si accentua, il cane si adatta sempre più a un tipo di alimentazione molto diversa da quella del lupo e del tutto sovrapponibile a quella dell’essere umano che, a causa dell’addomesticamento, è ormai diventato il suo procacciatore di cibo quasi esclusivo. Si arriva in questo modo al cane moderno, un canide che a differenza del lupo, non compie chilometri e chilometri per procacciarsi il cibo, non ha lo stomaco dilatabile per contenere anche fino a 9 chilogrammi di materiale (anzi, ci sono razze particolarmente predisposte alla torsione di stomaco in cui, nonostante la mole, è opportuno che gli animali vengano alimentati spesso e con quantità di cibo limitate).


Il cane moderno può mangiare cereali, patate, ortaggi e frutta mentre nello stomaco dei lupi è raro trovare sostanze vegetali e comunque sempre in quantità limitata. Il cane non ha un microbiota intestinale modellato sulle parti indigerite delle carcasse delle animali ma anzi, in studi recenti è emerso come una dieta con un buon apporto di fibre vegetali ad azione prebiotica, promuova una ricchezza di ceppi batterici del microbiota e in generale una maggiore salute del tratto gastrointestinale, con ripercussioni positive sulle capacità digestive, sul sistema immunitario locale e sistemico.


Risulta abbastanza chiaro quindi quanto il cane nel suo percorso evolutivo indipendente e completamente separato dal lupo si sia evoluto più verso una forma di onnivorismo, rispetto al suo antenato che invece rimane un carnivoro stretto con tutti gli adattamenti del caso. Il cane condivide con il lupo quasi tutto il patrimonio genetico (99%), la stessa quantità che noi umani condividiamo con gli Scimpanzè, mentre abbiamo in comune con il cane circa l’85% del DNA…sarete d’accordo tutti che gli effetti di quelle che sembrano piccole porzioni di codice genetico non siano in realtà proprio trascurabili.

Tradotto in coppie di geni, l’1% che divide noi dagli Scimpanzè e il cane dal lupo equivale a più di 20 milioni di geni!




Per non cadere nell'estremismo opposto precisiamo però che non vogliamo far passare il messaggio che l’alimentazione ideale per il cane sia quella ricca di carboidrati a scapito delle fonti proteiche. Anzi, ribadiamo il consiglio di evitare quegli alimenti o quei modelli nutrizionali che prevedano grandi quantità di fonti di amido, con il mero scopo di abbassare i costi di produzione. Il fatto che un'alimentazione sana ed equilibrata per un cane debba contenere anche una o più fonti di carboidrati non significa assolutamente che questi devano costituire il nutriente più rappresentato o che debbano essere di scarsa qualità e poco digeribili. 


Ovviamente la questione è ben più articolata e sfaccettata, l'abbiamo affrontato volutamente in maniera sintetica perché approfondire ulteriormente avrebbe significato entrare molto nello specifico di tematiche complesse di biologia, genetica di popolazione e anatomia.


Per chi volesse approfondire lasciamo una serie di letture consigliate che sono state utilizzate anche come fonte bibliografica diretta o indiretta per la stesura di questa rubrica.



APPROFONDIMENTI CONSIGLIATI:


. Larson, Greger, Elinor K. Karlsson, Angela Perri, Matthew T. Webster, Simon Y.W. Ho, Joris Peters, Peter W. Stahl, et al. “Rethinking Dog Domestication by Integrating Genetics Archeology and Biogeography.” Proocedings of the National Academy os Sciences 109, no 23 (June 5, 2012): 8878-8883

. Bosch et al. British Journal of Nutrition (2015), 113

. Sandri et al. BMC Veterinary Research (2017) 13-65

. Axelsson, Erik, Abhirami, Ratnakumar, Maja-Louse Arendt, Khurram Maqbool, Matthew T. Webster, Michele Perlosky, Olof Liberg, Jon M. Arnemo, Ake Hedhammar and Kerstin Lindblad-Toh. “The Genomic Signature of Dog Domestication Reveals Adaptation to a Starch-Rich Diet.” Nature 495, no. 7441 (March 2013) 360-64

. Arendt, Maja, Tove Fall, Kerstin Lindblad-Toh and Erik Axelsson. “Amylase Activity Is Associated with AMY2B Copy Numbers in Dog: Implications for Dog Domestication, Diet and Diabetes.” Animal Genetics 45, no 5 (October 2014): 714-722

. Hewson-Hughes, Adrian K., Victoria L., Hewson-Hughes, Alison Colyler, Andrew T. Miller, Scott J. McGrane, Simon R. Hall, Richard F. Butterwick, Stephen J. Simpson and David Raub enheimer. "Geometric Analysis of Macronutrient Selection in Breeds of the Domestic Dog, Canis Lupus Familiaris." Behavioral Ecology: Official Journal of the International Society for Behavioral Ecology 24, no 1 (Junuary 2013): 293-304

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